06 settembre 2006

Governo, Call Center e le Basi dell'Economia

Leggo le riflessioni di Michele Antonelli sulla questione dei Call center e mi trovo a scoprire l'ennesima persona intelligente che non ha nessuna nozione di economia reale, o per lo meno è molto brava a nasconderlo.

Gli errori basilari sono leggibili già dal primo paragrafo:
Il primo errore è la convinzione che il governo possa intervenire sulla dinamica salariale senza influenzare la dinamica occupazionale o, per semplificare, pensare che obbligare i datori di lavoro ad aumentare i salari non causerà una diminuzione degli occupati o uno spostamento dell'occupazione all'estero.
Il secondo errore è quando chiede se "Lettrici, lettori avete mai visto un mercato che si turba?".
I mercati si turbano per molto meno ed in Italia abbiamo visto abbastanza interventi statalisti che volevano controllare per legge i mercati. Già il fatto che le regole possano e vengano cambiate regolarmente, secondo la volontà di chi sta in un ministero o di una assemblea eletta con un margine dello 0,2%, produce una distorsione del mercato. Chi volesse investire, cosa dovrebbe pensare, se non che domani le regole potrebbero cambiare ancora per adeguarsi alla necessità politica di questo o quel partito? Ovviamente a spese degli investitori.
Il terzo errore è dare una connotazione moralistica alla discussione, dando agli imprendori degli "pseudo-imprenditori" e accusandoli di lamentarsi per il non poter comprare alla moglie la terza automobile. In primo luogo, se quegli pseudo imprenditori rischiano il loro capitale nelle loro imprese, trovo che sia più che giusto che possano godere tutti i frutti del loro lavoro nel modo che meglio credono. Se hanno una moglie che vuole la terza automobile, il problema è solo loro.
Il quarto errore è lamentare che il personale dei Call Center viene pagato poco e male, paragonandoli ad agenti di commercio. Se un dipendente di Call Center volesse fare l'Agente di Commercio cosa lo ostacola? Non risulta che i dipendenti dei Call Center vengano costretti con la forza a lavorarvi, tutt'altro. Quindi, l'unica risposta che mi so dare è che non trovino delle alternative migliori ai Call Center.
Il quinto è l'arrabbiarsi se "
La cosa grave è che Atesina minacciali Governo di spostare alcune attività di call center all’estero, dove troverà sicuramente il modo di triplicare i propri utili a scapito sicuramente di povera gente e società dove il costo del lavoro è addirittura a livelli di terzo mondo. "
Ovviamente, se Atesina sposta i Call Center nel Terzo Mondo vuol dire che troverà costi del lavoro da Terzo Mondo. Ma se fosse vero che "troverà sicuramente il modo di triplicare i propri utili", mi domando perché non lo abbiano già fatto comunque; anzi se fossi un loro azionista mi arrabbierei notevolmente se non lo facessero. In quanto alla "povera gente del Terzo Mondo", sono certo che sarebbero felici di essere sfruttati da una società che li facesse lavorare seduti davanti ad uno schermo di computer per 3$ al giorno invece di essere senza lavoro o a far mattoni di fango a 1$ al giorno.
La sesta è l'accusare gli imprenditori che lavorano all'estero e poi importano i prodotti in Italia per venderli di affossare l'economia nazionale. Un vecchio e ricorrente errore mercantilistico e protezionistico. Al contrario, se l'imprenditore e l'azienda italiana producono o comprano una merce all'estero e la vendono in Italia con profitto, aiutano comunque in modo indiretto l'economia italiana. Certo non aiutano chi viene spiazzato da quella merce, ma tutto il resto della popolazione ne ha un vantaggio economico certo (le restano più soldi in tasca). Con il risparmio generale prodotto, diventa possibile incrementare i consumi di altre merci e servizi.

Comunque, in una cosa Michele Antonelli ed io siamo (quasi) d'accordo:
"Il gioco correre all’estero per sfruttare la povertà altrui, prima o poi arriva alla fine".
Ma ovviamente non per le stesse ragioni.
La fine arriverà non perché qui si sarà più poveri a causa delle importazioni, ma perché di li saranno più ricchi e non avranno voglia di lavorare nei Call Center. E quindi la necessità di redistribuire la ricchezza (immagino sempre quella altrui, mai la propria) non si porrà, dato che si sarà risolta da sola.

L'ultimo paragrafo è divertente:" Nelle scuole e nelle università oltre che insegnare gli aspetti tecnici di un indirizzo, si dovrebbe creare un modo nuovo di pensare all’impresa, come un padre fa con i suoi figli. L’etica e il rispetto stanno prima di ogni cosa. "
Aggiungiamoci anche lo studio, prima di tutto, dei fondamenti dell'economia reale e non di quella immaginaria. Leggere Mises o Hayek non ha effetti collaterali.

1 commento:

Anonimo ha detto...

...è chiaro che sei tanto intriso di economia per aver dimenticato L'UOMO. Il sapere di economia dello scrivente non è in discussione, quanto lo sfruttamento in generale che pochi fanno a danno della collettività aiutati da leggi e leggine a non pagare il dovuto ad una società troppo piena di gente inutile. Ti consiglio l'agricoltura, nel senso di prendere una vanga, dopo essersi alzati alle 4 del mattino, e zappare....chissà forse serviresti a qualcuno

Archivio